Tutto meglio del
previsto, ieri al workshop di Pietrofood-Itarian
cuisine da Bacar, la migliore e unica pizzeria degna di nota a Okinawa. Più
che un workshop è stata una festa, tanto la cosa è riuscita. Ma partiamo dal
famoso inizio.
Nelle settimane scorse
ho lottato per scovare tutti gli ingredienti necessari senza svenarmi. Il
nemico peggiore è stato l’aumento dell’I.V.A. che il governo giapponese ha
appioppato al pueblo fra capo e collo per pagare le olimpiadi al plutonio del
2020. L’aumento, in teoria, avrebbe dovuto essere stato del 3%, portando l’I.V.A.
dal 5 all’8 (lo so, per noi italiani è fantascienza, ma qui in Giappone le
tasse le evadono solo i picciotti della yakuza, e sono una minoranza
minorissima). In realtà, come in ogni angolo del globo, i negozianti hanno
approfittato di quest’occasione più unica che rara (in tre anni che sono qui
non avevo visto aumentare di 1 yen un solo prezzo) per stangare
ingiustificatamente. Tipo passaggio dalla lira all’euro, you know what I mean…
Anche il mio pusher di
fiducia, la catena Kaldi (nata importando caffè, poi allargatasi a tutte le
pappe del mondo), ha stangato. L’altro giorno, quando sono andato a fare la
spesa subito dopo il 1° di aprile – data scelta ad hoc per prenderci tutti per
il culo? -, la robba aveva avuto un rincaro almeno del 10%, se non del 25.
Tornato a casa ho scritto un’e-mail di fuoco al Sig. Kaldi, ma scommetto tutte
le tagliatelle De Cecco che ho a casa che non mi risponderanno mai:
To Kaldi
Coffee Farm:
I am an
Italian chef living in Naha, Okinawa.
Frequently
I hold Italian cuisine workshops and buy my ingredients mostly at your shop at
the Naha Main Place mall.
Until
yesterday I've been always very happy about your products and made a lot of
publicity of your shops to my clients.
Yesterday
I went to buy the usual products and I' was shocked. The olive oil that I
usually buy went from around 750 yen to over 1.000!
Pasta
Monsurrò - spaghetti and linguine - from around 180 yen to over 200!
This does
NOT correspond to the governament decision to rise taxes from 5% to 8%!
It's pure
speculation!
Starting
from today I will look for another company where to get my imported foods and
stop making any free publicity to Kaldi.
Sayonara
Ecco, mi sono tolto il
sassolino dalla scarpa. Alla fine dei conti sono riuscito a fare la mega-spesa
(circa 16.000 yen), anche grazie all’aiuto di Pietro 2 del ristorante Volare (che mi fornito bucatini
altrimenti introvabili) e di John ‘The Cheese Guy in Okinawa’ (che mi ha dato
del fantastico Blue cheese da usare
come Gorgonzola). Ieri verso le 9 del mattino, aiutatissimo dalla fida Satoka,
ho preso un taxi e, con quattro sacchi giganteschi dell’Ikea e della Coop
italiana pieni di ogni ben di dio, abbiamo raggiunto Bacar.
Innanzitutto abbiamo
decorato con i miei gadget il locale, che già di suo è una figata (vecchi
tavoli da cucito, forno per la pizza gigantesco fatto da uno scultore di Tokyo,
figatine italiche assortite sparse qua e là). Abbiamo appeso un po’ di mie foto
dell’Italia, una grande cartina dello stivale, appiccicato su un muro le liste
con gli ingredienti che avrei usato e stesi, come fossero bucato, bigliettini in
inglese e romaji, il giapponese per gaijin, così da poter provare (io) a
dire qualcosa nella lingua indigena. Il bigliettino che più ha avuto successo è
stato ‘Mix slowly, please. Like
if you were caressing your cat’, ‘Anata no neko wo naderu youni
yukkuri masete kudasai’. Alle spalle della macchina del
caffè – il migliore e unico espresso di Okinawa – abbiamo issato la mia
bandiera della marina militare italiana, un’autentica chicca che ho scovato in
un negozietto pulcioso dell’usato sotto casa. La deve aver rubata un marinaio
da un nostro bastimento e venduta in cambio di un bicchiere di sakè.
Alle 10,30,
puntualissimi, si sono presentati tutti i quindici partecipanti: dodici donne e
tre uomini. Hanno partecipato anche amiche che da tempo mi seguono, prima nei miei workshop
di fotografia e di italiano, poi in quelli di cucina: Tomomi (al terzo giro!),
Eriko e Megumi. È stato bello incontrarle ancora una volta. Nel mazzo c’era pure qualche modella che ha reso difficile la concentrazione sui fornelli, ma da tempo ho imparato a far finta di non vedere.
Ho iniziato con una
breve introduzione sui piatti italiani più noti, preceduta dalla classica
ouverture in cui mi scuso per il mio giapponese inesistente. Dunque ho
schiacciato il pulsante dell’inglese e l’insostituibile Satoko ha tradotto
parola per parola. Qua e là un po’ di italiano, perché fa figo ma anche perché
Daisuke, in arte Daisuman, il proprietario di Bacar a cui devo tutto ciò, lo
parla. Ho illustrato gli ingredienti e la loro provenienza, senza soffermarmi
più di tanto a pubblicizzare Kaldi. Barattoli di pelati Divella e Solleone,
concentrato di pomodoro Mutti – uno degli assi nella manica di quella
incommensurabile cuoca bolognese che era mia nonna Giorgina -, pasta De Cecco e
l’ottima Monsurrò. L’unico pacchetto di rucola che sono riuscito a trovare,
buon olio d’oliva Ranieri, lambrusco delle cantine Riunite e un mare di altra
roba.
I lavori sono
cominciati mettendo i partecipanti a tagliare tutto il tagliabile. Due
gentleman si sono occupati delle insalatone, mentre le girls hanno tagliuzzato tutto il resto. Poi fuoco alle pentole. Siamo
partiti dal ragù, che notoriamente non si fa in un quarto d’ora. Ecco il menù,
per farla breve:
Tagliatelle gialle De
Cecco al ragù
Tagliatelle verdi De
Cecco ai funghi cotti nell’aceto balsamico
Linguine al tonno cotto
nel sakè e pomodoro
Bucatini all’amatriciana
Spaghetti alla
carbonara
Penne al peperone verde
e parmigiano
Penne alla Norma
Risotto di riso
integrale di Hokkaido con Blue cheese
e funghi cotti nell’aceto balsamico
Fegato alla veneziana
marinato nel limone
Insalatona con pomodori
secchi turchi e olive spagnole (ho dovuto sconfinare, non avendo trovato
ingredienti nostrani)
Pane passato in padella
con olio d’oliva e rosmarino
Tutto è andato bene,
anche perché sono stato aiutato da due Superman che lavorano da Bacar:
Yuzo-san, in arte Pastaman, e Chikara-san, forzuto semi-modello. A loro, oltre
che a Daisuke per avermi offerto la possibilità di questa avventura, devo
almeno mille GRAZIE. Senza di loro, lavoratori infaticabili, l’abbuffata sarebbe
stata impossibile.
Le penne alla Norma,
che di solito faccio molto bene, sono venute così così (melanzane troppo amare?
neanche lo zucchero che ho aggiunto le ha addolcite), ma il resto è stato
spazzolato a quattro palmenti. In primis le regine tagliatelle - tutte le volte che le faccio non ne avanza
mezza -, e poi il fegato, stracotto e diventato quasi spalmabile sui crostini.
Daisuke ha servito ottimo vino per far quadrare il cerchio. Tutti, come sempre,
hanno fatto Ohhhh! quando ho cotto il
riso quasi come fosse pasta, addirittura lavandolo in acqua fredda dopo la cottura,
prima di passarlo in padella. Qui in Giappone (e in Corea) di solito il riso si
cucina in macchine apposite, per cui qualcuno deve pensare che la mia tecnica
sia da marziano, ma il risultato è che poi tutti spazzolano i piatti.
Altri miti sfatati: non
ho usato un solo spicchio d’aglio – per me antisociale e antibaci -, in un
Paese in cui Itaria = girolami mangiatori di tonnellate d’aglio. Un simpatico
partecipante, Kazuya-san, ha un ristorante spagnolo a due passi da Bacar (Bar Antoñito) e, oltre a offrirci aiuto con attrezzi da cucina - MUCHAS GRACIAS, Kazuya-san! - si è scusato mille volte
perché nella sua cucina l’aglio domina. Gli ho detto che è solo una questione
personale e che i più, nel mondo là fuori, marciano ad aglio. Anche la
carbonara ha destato curiosità, perché qui di solito, se non è una frittata
(uovo con il bianco passato in padella a fuoco acceso) è un brodo affogato
nella panna da cucina, per me ingrediente classico di chi non sa cucinare.
I piattoni sono stati
serviti, uno a uno, sul bel bancone del ristorante. Alcuni mi hanno regalato i
loro ‘Buono!’, purtroppo con qualche
indice roteato nella guancia. Satoko ha fotografato qua e là, facendo una
Grande Opera di traduttrice e ambasciatrice (suo anche il timbro che ha fatto
con le sue mani!). Ai partecipanti ha fornito delle fotocopie con qualche
nozione di base sulla pasta italiana corredate dalle sue belle illustrazioni.
Brava ragazza, non l’ho mica sposata per caso/procura.
Alla fine dell’orgia caffè
Lavazza per tutti eiaculato dalle due moka che uso a casa, poi foto ricordo
dell’ammucchiata all’ingresso del locale.
Settecento
ARIGATO+GRAZIE+THANK YOU!, poi siamo tornati a casa, stanchi stracciati ma
felici.
L’11 maggio si ripete,
ma con un menù completamente diverso. Fare sempre le stesse pappe mi annoia.
P.S.: essendo impegnato
sui fornelli, non ho potuto selfiarmi. Queste foto sono state fatte da
Satokissima, Tomomi-san, Yota-san e Daisuman, GRAZIE, fotografi!