martedì 3 giugno 2014

GOSSSH SAVE THE NEKO!


Proprio il giorno in cui La Repubblica pubblica una notizia che mi fa venire voglie d’Italia – titolo (se ricordo bene): “Le zoccole di lusso milanesi per politici e calciatori donano 3000 euro al mese a un gattile di Brindisi” -, qui a Naha ho finalmente scoperto ciò che cercavo da tempo. Un rifugio per gatti randagi (+ un cane). Dietro casa! Satoka lo ha scovato on-line, e ieri siamo andati a bussare.


Japan is famous to be advanced in many fields, but regarding street animals is still in the Middle Age. Almost everywhere in the country – and so in Okinawa – there are animals lagers (concentration camps) where dogs and cats are killed every single fucking day. In Okinawa the local Dachau is in Osato, near Nanjo City. There end the street animals picked up in the streets by some authorized (not by me) asshole. They have only FOUR DAYS for being rescued and adopted by some decent human being willing to take care of them. Past the four days, the gas chamber waits for them. CO2 à go-go… Every year in Osato around 3.000 dogs lose their lives Aushwitz-style, and around the double of cats. I’ve heard stories of people who didn’t make in time: after losing their loved pet in a street, they ‘discovered’ Osato too late… The Japanese rental market, besides, doesn’t help. Most of the apartments for rent are not available for tenants with pets – some house owner and especially the estate agencies fear the damages that the domestic tigers may provoke… One of my dreams, since I moved to Okinawa, is to create a public program to help street animals. Find some smart brain in the local government willing to set up a system that fixes the poor animals for free or for a symbolic price, avoiding to make a bunch of babies that sooner or later will end splattered by cars or in the scary Osato. Build public kennels with clinics where people can bring the animals found in the streets, especially the sick ones. Better to use some money for this, I think, than for Osato’s gas…

 

The other day, finally, I found a little corner of humanity, just round the corner of my home in Yorimiya, Naha. Okinawa One Gnan – the Japanese ‘meaow!’ no Kai – group (http://www.wan-nyan-myu.org/page/category/meeting/page/3/), a home-shelter with some thirty sweet cats and a funny, single dog. A private mission in the almost holy hands of Reiko Kuniyoshi-san, a gentle lady that ten years ago retired and decided to use the ground floor (1st floor, as they call it in Japan) of her house only for neko & inu, keeping the 1st (2nd) floor for herself and her family. No signs nor bells outside, otherwise people would start dropping kittens every day and night at her door. But her website can be very useful for the ones of you that have some street kitten to give in adoption: post his photo on the website and hopefully soon you’ll be contacted directly by the person who will adopt him/her.


The shelter, obviously, needs everything: money for medicines, vaccines and vets; food, bowls, toys, used newspapers; volunteers, willing to walk the dog, caress the cats, cut their nails, clean the rooms. More than anything else, however, the first need is some loving soul available to give a new family for the shelter’s guests.
Please, do your part!


Satoka lo ha trovato con la mappa satellitare sul telefono, ma per capire esattamente in quale casa fosse abbiamo dovuto chiedere a dei vicini riciclatori di lattine usate. Abbiamo bussato e chiamato – nessun campanello -, e dopo un bel po’ è venuta ad aprirci una signora. Piuttosto incarognita, a giudicare dall’espressione con cui ci ha accolti. Appena Satoka ha aperto il rubinetto delle presentazioni – chi siamo, amiamo i gatti, vogliamo aiutare – la signora si è addolcita. Fino a diventare uno zuccherino, dopo che alla sua domanda (guardandomi nelle pupille): “Americano?” ho risposto “Italiano”.





Reiko Kuniyoshi-san, questo il nome della proprietaria del gattile autogestito, ci ha fatto entrare. Vive in una villetta di due piani: quello superiore per gli umani, quello inferiore per i quattro zampe. Dentro una babele di mici fantastici, più un cagnone carino e abbaiereccio, ma in fondo anche lui uno zuccherino. Mentre mi facevo un giro fotografico Satoka ha intervistato la signora, cercando di capire come possiamo (e come potete) aiutare. Kuniyoshi-san ha messo su la baracca pro-neko una decina di anni fa, quando è andata in pensione. E ha deciso di donare tutto, quando andrà a trovare gli dèi, agli dèi terreni, i gatti.






La santa istituzione (Okinawa One Gnan – il nostro miao! no Kai – gruppo) , di cui riporto sotto il link al sito web, è gestita da lei e da un’altra persona, più da otto volontari. Le necessità: $oldi per veterinari e vaccinazioni (ovvio). Mani: per portare a spasso il cane, accarezzare i mici, pulire, tagliare loro le unghie (attività di cui sono incapace, terrorizzato di amputare polpastrelli; Satoka, invece, è bravissima, sembra un’estetista). Oro, incenso e mirra: cioè tutto ciò che può servire (pappe, giornali vecchi, giochi, collari, ciotole ecc.). Kuniyoshi-san mi ha chiesto di non fotografare l’esterno della casa, altrimenti dopo cinque minuti ci sarà una processione di gente che le abbandona micini nell’ingresso. E non ce la può fare, ne ha già un battaglione…










La necessità primaria, però, è quella di piazzare i mici a qualcuno che li adotti forever & ever. Lettori! Venite a Naha e adottate! I mici sono uno più bello dell’altro. Chi non può adottare, ma ha bisogno di piazzare – si è ritrovato in giardino una sfornata di sette gattini freschi freschi – può postare le foto dei neonati sul sito di Kuniyoshi-san, così da essere contattato direttamente da chi li vuole. Fatelo, per favore. A Okinawa ci sono pochissime istituzioni come questa – la più nota Cherubims (https://www.facebook.com/npocherubims) – e il panorama dei mici randagi è desolante: nessun programma di aiuto pubblico, gatti spalmati sull’asfalto dalle auto e molto peggio (leggete oltre, per favore). Kuniyoshi-san si sta battendo per ottenere sovvenzioni e, soprattutto, un vero programma di tutela delle bestiole randagie – sterilizzazioni a prezzi politici, clinica veterinaria pubblica -. Altri privati (qualche santa negoziante di Ukishima-dori) aiutano in qualche modo i gatti, ma la battaglia è immane.






La battaglia è dura soprattutto perché, oltre a sconfiggere l’egoismo della gente (molti odiano i gatti perché fanno pipì davanti alle loro case/negozi o fanno risse rumorose), il Grande Nemico da sconfiggere è il sistema giapponese. Questo bellissimo Paese per certi aspetti è anni luce avanti rispetto al resto del mondo, per altri è al Medio Evo. La grandissima parte degli appartamenti in affitto è proibita agli animali domestici (potrebbero danneggiare gli interni e il sistema nervoso dei vicini). A Naha i gatti e i cani randagi catturati dagli accalappiacani vengono inizialmente portati in un canile di Shuri, poi da lì sono trasferiti nel lager di Osato, un paesino alle porte di Nanjo. Lì hanno QUATTRO giorni per essere adottati. Se nessun cristiano appare entro quel lasso di tempo finiscono nel forno crematorio, dove sono gassati. Il campo di sterminio di Osato lascia sul campo, ogni anno, più o meno 3000 cani e il doppio di gatti. Pratica oscena, che merita di scomparire al più presto.


Volantino che segnala gli orrori dei canili-lager:
queste bestiole non ci sono più, sono state gassate...

domenica 1 giugno 2014

PEDALA, PIETORO, PEDALA


Stamattina, suonata la sveglia alle 7, ho inforcato la fida bici e, sprezzante della pioggerella stracciacappella, ho raggiunto Itoman. Detta così, a voi che leggete, sembrerà facile. In realtà per arrivarci ho sudato tutta la nuova camicia hawaiana acquistata l’altro giorno. Giunto a Itoman ero una spugna, anche perché arrivarci, anziché seguire la strada che costeggia il mare come faccio di solito, ho fatto la furbata di prendere ‘la scorciatoia’ (allungatoia). Mentre le prendevo ho avuto una visione che in Giappone, se la brevettassi, potrebbe darmi qualche yen: cartelli stradali che, oltre a indicare il nome della destinazione e la distanza, riportino una freccia verso l’alto (nel caso la strada sia uno stracazzo di salita senza fine come quella di oggi) o verso il basso (in caso di strapiombo). I ciclisti della domenica come me, così, saprebbero a che pericoli andare in bocca.












Polemiche segnaletiche a parte, devo dire che, arrivato a destinazione, sono rimasto abbastanza deluso. La Mission era quella di fotografare la versione itomanesca dell’Haarii, la competizione fra barche a remi, clone di quella di Naha – ma in minor scala – di un mesetto fa. La cosa che più mi attizzava dell’Haarii di Itoman è che amici lettori di racconti di fantascienza mi avevano detto che all’Haarii di Itoman (1) ogni tanto i rematori fanno una figata: si girano, con la canoa e tutto il resto, sott’acqua, per poi riaffiorare (umido giro di 360° al volo); (2) alcuni poveri paperi vengono lasciati liberi nelle acque del porto e i cinni locali si tuffano per afferrarli, impugnandoli per il collo (ok, spettacolo da corrida per imbecilli, però fotograficamente stimolante). Arrivato al porto di Itoman non ho visto nulla di tutto ciò.

















Sono arrivato appena in tempo per la partenza, e così ho fatto un po’ di foto. Giovani annoiatini in costume tradizionale, canti inaugurali soporiferi, belle canoe e decine di stand alimentari, sempre i soliti, che vendevano roba ammazzafegato. Itoman mi piace parecchio, perché è straprovincia. Piccola cittadina, in crescita, ma mai quanto Naha, dove la ruspa domina. La gente locale è piuttosto tradizionale e non ne vuole sapere granché dei piani espansivi ($$$ immobiliari $$$) della vicina Naha. I rappresentanti del mattone di quest’ultima, in ambasciata investigativa (‘annamo a fà der bbene’) sono stati ripetutamente rimandati al mittente, in questi ultimi anni, quando sono andati a Itoman a proporre lo Sviluppo del Secolo. La gente di Itoman è dolcemente lenta e semplice, legata alla pesca e a un panorama urbano ancora (chissà per quanto) fatto di casette basse. Qua e là ci sono chicche per ficcanaso come me, come il mastodontico salone da bowling andato a fuoco (le scarpe per i clienti sono ancora incollate nelle rastrelliere, con le suole fuse), oppure lo spettacolare cartello IN protoITALIANO che pende presso il mercato pubblico.
Itoman, Haarii o non Haarii, ti voglio bene.

 


Finita velocemente la mia avventura fotografica di stamattina, mi sono presi i crampi allo stomaco. Come investire i 1000 yen e spiccioli che avevo nel portafogli? Volare (il ristorante del mio amico Pietro 2), sulla via del ritorno! Le sue penne veraci foggiane con sughetto di porcini sono spettacolari, e ho la quasi certezza che facciano meglio di un katsudon di Hotto Motto, il fast-food che ogni tanto frequento (ma chissà da dove diablo viene il suo riso, troppo economico; non faccio ipotesi, le lascio a voi). Quindi ho inforcato di nuovo la fida e, stavolta senza perdermi sulle Alpi, sono andato diretto alla fonte del benessere. Lì, anziché incontrare Pietro 2, ho incontrato Piero. Mi scuso per la confusione, avete le vostre ragioni. Ecco come stanno le cose: di 4 gatti italiani che siamo a Okinawa, ben 3 si chiamano Pietro, + 1 Piero. In pratica la metà dei girolami presenti sull’isola, latitanti esclusi, ha una dominanza pietresca, solo l’Altissimo sa perché. Belle chiacchiere con Piero-san, che ha avuto un bimbo da pochi mesi e che non vedevo un anno luce. Poi è arrivato Pietro2 e ha aperto l’azienda. Domenica è un giorno molto indaffarato, e negli ultimi tempi ho preso la pessima abitudine di andare a masticare da Volare senza essere prima passato dal bancomat. Anche stavolta, dunque, ho potuto solo lasciare spiccioli alla cassa. Sumimasen, Pietro 2-san! Oggi le banche erano chiuse sprangate, la prossima volta torno con il portafogli gonfio (seee…) e NON di domenica, lo giuro!


By the way, il 22 di questo mese io e Pietro 2 faremo una gara-workshop di pappe della nonna. Bologna vs Roma (Pietro 2 è della maggica), le mie tagliatelle al ragù contro i suoi rigatoni alla carognara, le mie lasagne contro la sua pasta della mamma. Chi vincerà? Chi masticherà avrà il diritto di voto (ma sarà una gara senza feriti, anche allo sconfitto spetterà la sua fetta di lasagne). A seguire: insalate fatte seguendo due vie filosofiche differenti, friggione, calamari alla romagnola, ricotta al cacao e zucchero di cagna e, dolcissimus in fundo, le mele fritte di nonna Giorgina (ci proverò)! Questo è il volantino-Gioconda fatto da Sato9, in arte mia moglie. Brava, neh?