domenica 1 giugno 2014

PEDALA, PIETORO, PEDALA


Stamattina, suonata la sveglia alle 7, ho inforcato la fida bici e, sprezzante della pioggerella stracciacappella, ho raggiunto Itoman. Detta così, a voi che leggete, sembrerà facile. In realtà per arrivarci ho sudato tutta la nuova camicia hawaiana acquistata l’altro giorno. Giunto a Itoman ero una spugna, anche perché arrivarci, anziché seguire la strada che costeggia il mare come faccio di solito, ho fatto la furbata di prendere ‘la scorciatoia’ (allungatoia). Mentre le prendevo ho avuto una visione che in Giappone, se la brevettassi, potrebbe darmi qualche yen: cartelli stradali che, oltre a indicare il nome della destinazione e la distanza, riportino una freccia verso l’alto (nel caso la strada sia uno stracazzo di salita senza fine come quella di oggi) o verso il basso (in caso di strapiombo). I ciclisti della domenica come me, così, saprebbero a che pericoli andare in bocca.












Polemiche segnaletiche a parte, devo dire che, arrivato a destinazione, sono rimasto abbastanza deluso. La Mission era quella di fotografare la versione itomanesca dell’Haarii, la competizione fra barche a remi, clone di quella di Naha – ma in minor scala – di un mesetto fa. La cosa che più mi attizzava dell’Haarii di Itoman è che amici lettori di racconti di fantascienza mi avevano detto che all’Haarii di Itoman (1) ogni tanto i rematori fanno una figata: si girano, con la canoa e tutto il resto, sott’acqua, per poi riaffiorare (umido giro di 360° al volo); (2) alcuni poveri paperi vengono lasciati liberi nelle acque del porto e i cinni locali si tuffano per afferrarli, impugnandoli per il collo (ok, spettacolo da corrida per imbecilli, però fotograficamente stimolante). Arrivato al porto di Itoman non ho visto nulla di tutto ciò.

















Sono arrivato appena in tempo per la partenza, e così ho fatto un po’ di foto. Giovani annoiatini in costume tradizionale, canti inaugurali soporiferi, belle canoe e decine di stand alimentari, sempre i soliti, che vendevano roba ammazzafegato. Itoman mi piace parecchio, perché è straprovincia. Piccola cittadina, in crescita, ma mai quanto Naha, dove la ruspa domina. La gente locale è piuttosto tradizionale e non ne vuole sapere granché dei piani espansivi ($$$ immobiliari $$$) della vicina Naha. I rappresentanti del mattone di quest’ultima, in ambasciata investigativa (‘annamo a fà der bbene’) sono stati ripetutamente rimandati al mittente, in questi ultimi anni, quando sono andati a Itoman a proporre lo Sviluppo del Secolo. La gente di Itoman è dolcemente lenta e semplice, legata alla pesca e a un panorama urbano ancora (chissà per quanto) fatto di casette basse. Qua e là ci sono chicche per ficcanaso come me, come il mastodontico salone da bowling andato a fuoco (le scarpe per i clienti sono ancora incollate nelle rastrelliere, con le suole fuse), oppure lo spettacolare cartello IN protoITALIANO che pende presso il mercato pubblico.
Itoman, Haarii o non Haarii, ti voglio bene.

 


Finita velocemente la mia avventura fotografica di stamattina, mi sono presi i crampi allo stomaco. Come investire i 1000 yen e spiccioli che avevo nel portafogli? Volare (il ristorante del mio amico Pietro 2), sulla via del ritorno! Le sue penne veraci foggiane con sughetto di porcini sono spettacolari, e ho la quasi certezza che facciano meglio di un katsudon di Hotto Motto, il fast-food che ogni tanto frequento (ma chissà da dove diablo viene il suo riso, troppo economico; non faccio ipotesi, le lascio a voi). Quindi ho inforcato di nuovo la fida e, stavolta senza perdermi sulle Alpi, sono andato diretto alla fonte del benessere. Lì, anziché incontrare Pietro 2, ho incontrato Piero. Mi scuso per la confusione, avete le vostre ragioni. Ecco come stanno le cose: di 4 gatti italiani che siamo a Okinawa, ben 3 si chiamano Pietro, + 1 Piero. In pratica la metà dei girolami presenti sull’isola, latitanti esclusi, ha una dominanza pietresca, solo l’Altissimo sa perché. Belle chiacchiere con Piero-san, che ha avuto un bimbo da pochi mesi e che non vedevo un anno luce. Poi è arrivato Pietro2 e ha aperto l’azienda. Domenica è un giorno molto indaffarato, e negli ultimi tempi ho preso la pessima abitudine di andare a masticare da Volare senza essere prima passato dal bancomat. Anche stavolta, dunque, ho potuto solo lasciare spiccioli alla cassa. Sumimasen, Pietro 2-san! Oggi le banche erano chiuse sprangate, la prossima volta torno con il portafogli gonfio (seee…) e NON di domenica, lo giuro!


By the way, il 22 di questo mese io e Pietro 2 faremo una gara-workshop di pappe della nonna. Bologna vs Roma (Pietro 2 è della maggica), le mie tagliatelle al ragù contro i suoi rigatoni alla carognara, le mie lasagne contro la sua pasta della mamma. Chi vincerà? Chi masticherà avrà il diritto di voto (ma sarà una gara senza feriti, anche allo sconfitto spetterà la sua fetta di lasagne). A seguire: insalate fatte seguendo due vie filosofiche differenti, friggione, calamari alla romagnola, ricotta al cacao e zucchero di cagna e, dolcissimus in fundo, le mele fritte di nonna Giorgina (ci proverò)! Questo è il volantino-Gioconda fatto da Sato9, in arte mia moglie. Brava, neh?




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