L'altro giorno, alla conclusione dei primi due mesi di sgobbo alla scuola elementare Takara, mi è stata affidata una Missione più unica che rara, quella di Babbo Natale, aka Santa Claus. Come unico maestro gaijin avevo quasi il dovere morale di indossare l'abito rosso Valentino e fare ciò che mai in vita mia avrei mai immaginato di fare. Coadiuvato da cinque maestri vestiti da Takara Power Rangers (con corna da renna sulla testa), abbiamo fatto irruzione nella palestra della scuola davanti a novecento bambini e svariati adulti. Guidavo una specie di papamobile ricavata da un carrello a quattro ruote piuttosto instabile ma con briglie fatte di fili luccicanti da albero di natale, ideali per frustare le mie renne. Ho consegnato un sacco pieno di regalucci ai cinni della prima elementare, dandoli ai loro sei rappresentanti (altrettanti mini-babbi natale). Un po' di oh oh oh qua e là, mentre i TPW elargivano i regali ai bambini delle altre classi. Poi, dopo il Merry Christmas + Happy New Year di rito dato all'intera platea via microfono, ho inforcato di nuovo la slitta e sono stato riaccompagnato nello sgabuzzino della palestra, tra le ovazioni del pueblo. Pochi minuti e poi via, di corsa a rimettermi in abiti borghesi per fare lezione. Alcuni bambini hanno sostenuto che io fossi Babbo Natale perché avevo le sue stesse scarpette brasiliane e/o il suo stesso nasone. Ai miei tempi i bimbi erano meno intelligenti. In coda a queste preziose foto, fatte dal bravo collega Kimura-sensei, un video rarissimo in cui potrete toccare con mano uno dei Grandi Misteri dell'umanità: Babbo Natale esiste davvero.
Un Giappone rilassato, camicie quasi hawaiane e un clima subtropicale. Belle foreste - dove la betoniera non è ancora arrivata - e resti di antichi castelli del Regno di Ryukyu. Attualità e racconti di viaggio, ma non prendetemi per l'ente del turismo né per l'ufficio di collocamento. Buona lettura.
martedì 24 dicembre 2013
domenica 15 dicembre 2013
IESU A YOGI PARK
Ieri, come ogni sabato
mattina, si è tenuta un’adunata religiosa di ‘beneficenza’ pilotata dalle
chiese americane con la complicità delle seguaci di Okinawa, una minoranza che,
ogni tanto, si fa sentire. Avevo già raccontato di questo piccolo evento ricorrente
(http://unitalianoaokinawa.blogspot.jp/2013/07/un-sabato-diverso-yogi-park-different.html), e un paio di settimane fa ero
rimasto piuttosto impressionato dalla focosità di un predicatore di Taiwan
invitato a spargere la Parola del Signore (http://unitalianoaokinawa.blogspot.jp/2013/12/hasta-luego-jose.html). Lui, più che spargere, urlava e imponeva, facendo(mi) venire una
certa voglia di bottigliate sulla (sua) nuca per riportarlo alla calma che
dovrebbero avere i buoni cristiani. Ma in tempi di forconi vaganti forse è bene
che anch’io mi dia una calmata, dunque mi limiterò alla cronaca.
Ieri, in parallelo a un
evento simile ma quasi oceanico a Tokyo, mi aspettavo qualcosa di più grande
del solito, anche se nella piccola Naha (circa un centesimo, come numero di
abitanti, della megalopoli-capitale). Invece il numero di cristiani era più o
meno quello di sempre. Stavolta coadiuvati da un gruppo particolare, quello dei
Black Onix, bikers afroamericani. “Siete
membri di qualche chiesta?”, ho chiesto subito loro, appena li ho visti che
impacchettavano un miliardo di hamburger e hot-dog per il pueblo affamato. “No-no”,
mi hanno risposto in coro. Poi, però, poco dopo, richiamati in una mini-adunata
mistica, una preghiera in giapponese e in inglese, si sono dati tutti la manina,
a occhi chiusi e in circolo, mentre chiacchieravano con l’Alto dei Cieli. Non
so, ma io ho un concetto un filo diverso di ‘non appartenere ad alcuna chiesa’.
In ogni caso la festicciola
mistico-beneficente si è svolta come da copione. Musichette quasi di Okinawa
mescolate a ritmi e canti di chiesa che hanno infervorato qualche ballerina
ottantenne (una di queste ha mescolato, non senza maestria, le danze
tradizionali di Okinawa al kung-fu). Un signore-ballerino di una certa età ha
dimostrato che è possibile non invecchiare mai, indossando una maschera
fantastica autoprodotta. In parallelo un giovane mescolava due bidoni da
caserma pieni di curry e riso.
Verso mezzogiorno è
iniziate la distribuzione delle pappe. Curry, panini americani, bibite alla
mela artificiale e dolcetti assortiti, questi ultimi offerti da bimbi gringhi.
Due di loro erano molto carine, con i cappellini da Santa Claus. Tra la fila di
poveri che hanno preso il cibo (avventandosi sopra poco dopo) ho notato che ben
pochi sembravano poveri. Tutti o quasi con vestiti decenti, zainetti colorati,
qualcuno anche con musica e cuffiette. Satoka, che ha visto il mondo, mi ha
detto che a Tokyo ci sono i poveri veri, quelli con e senza pezze al culo, ma
che qui a Okinawa, sebbene l’arcipelago sia considerato la Lamezia Terme del
Giappone, i poveri sembrano meno poveri.
Tra i leader dell’orgietta
ne ho conosciuto uno particolarmente interessante. Quando ho fotografato la sua
maglietta crocefisso-dotata mi ha spiegato che i geroglifici che apparivano di
fianco al dio inchiodato erano il titolo di un film che unisce Yakuza a Cristo.
Il boss della malavita, dopo averne fatte di cotte nonché di crude, un bel
giorno, nel mezzo del cammin della sua vita spericolata, inciampa in un tal
Iesu e lì, purtroppo, il film prende una brutta piega. Appena lo stano mi sa
che lo guardo, ma solo il primo tempo.
Tutto quel curry che
circolava mi ha messo un Signor appetito addosso, per cui ho lasciato bikers e preti mancati alle sante
masticazioni e sono andato a caccia di cibo senza dover ringraziare chiese,
americani né dèi. Nel mezzo del cammin della caccia sono inciampato in un
eccentrico signore americano che avevo visto all’orgietta, a spasso con la
moglie. Pure loro, come noi, avevano gli intestini in mano per la fame.
Ci
siamo diretti tutti assieme dal mio amico Kumar, un simpatico indiano
proprietario del ristorante Raja, in
una laterale di Kokusai-dōri (1-1-37 Makishi). Ci vado ogni volta che ho fame
vera e voglio deliziarmi con veri curry e nan spettacolari e mango lassi da
leccarsi i baffi. La coppia americano-giapponese (trent’anni e due gatti
assieme) mi ha ringraziatissimo, e Kumar mi ha detto che il 20 farà una cena con
tanto di ballerine del ventre. Come non andarci?
lunedì 2 dicembre 2013
MARATONA DI NAHA, L'ESERCITO DEI FORREST
Ieri a Naha si è tenuta l'immensa maratona, un evento sportivo che ogni anno richiama gente da tutto il Giappone e da Paesi vicini (Taiwan, Singapore, Hong Kong). Almeno 25.000 partecipanti registrati, in parte vestiti da matti, per spaccarsi gambe e tutto il resto lungo un percorso di 42 km. Nella mischia ho cercato il mio amico Pietro 2, con la maglia della Roma made in Thailand. Purtroppo ho solo visto dei laziali. E altre cosucce qui a seguire. Lo so, ho dei problemi con la socialità: non ho passato un solo minuto, alla maratona, senza chiedermi: perché corrono? 'ndo vanno tutti 'sti Forrest? Non ho ancora trovato risposte convincenti. Perdonatemi, ma sto entrando in quella fascia d'età che coincide con il sarcasmo di Andreotti, al quale chiesero: "Presidente, perché non fa un po' di sport? Le farebbe bene", e lui rispose: "Tutti i miei amici che facevano sport sono morti".
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