Ieri sera, al
fantastico mercato Sakaemachi, era programmato un concerto di Halloween delle
tre Oba Rapppers Live Show (http://unitalianoaokinawa.blogspot.jp/2013/07/sakaemachi-iatae-matsuri-la-festa-e-qui.html). Halloween, soprattutto da quando
qualcuno qui ha deciso di inculcarlo a forza nelle menti innocenti dei bimbi
giapponesi, mi sta parecchio sull’organo riproduttivo, ma se interpretato dalle
tre sciroccate vecchiette dev’essere una figata, mi sono detto. Per cui ho
incontrato con largo anticipo i picciotti del mio workshop di fotografia, ai
quali avevo promesso un breve tour extra al mercato per giocare ai
Cartier-Bresson, e siamo andati al Sakaemachi.
Il posto, tra
negozietti pulciosi, luci fioche assortite, gatti e scarafaggi randagi, modelle
attempate e decorazioni matte è fantastico per sbizzarrirsi con la macchina
fotografica. Nel nostro giro siamo pure riusciti a mettere naso e zoom dentro
il negozio di una ex cantante che oggi vende abbigliamento coloratissimo. Ci
avevo già provato a fare delle foto lì, ma Nilla Pizzi mi aveva detto
(gentilmente) NO. Ieri NP deve aver messo in sua vece una serva, la quale ancor
più gentilmente ci ha detto ‘OK, prego’. Dentro è un museo del pupazzo
strakitsch, ho indugiato sui dettagli, tipo l’uso delle palline da tennis come
feltrini per le gambe delle sedie.
Lì a fianco, poi, ieri
ha riaperto il ristorante birmano Royal
Myanmar Café. Il locale è una figatina di buon gusto, e ieri la riapertura
è stata celebrata in pompa magna con un concerto di una cantante anglo-coreana.
Il proprietario mi ha indicato un poster di Aung San Suu Kyi, e quando gli ho
detto che mercoledì prossimo le daranno la cittadinanza onoraria e la laurea ad honorem in Sopravvivenza (a quelle
teste di cazzo mafiose di generali che governano e spremono la Birmania) nella
mia città, la mitica Bulàgna, mi ha fatto un gran sorriso. Ho chiesto se ci
fossero birmani veri, lì dentro, e mi ha indicato i due cuochi (marito e
moglie, suppongo). Come il primo mi ha allungato il biglietto da visita del
locale e l’ho ringraziano con l’accoppiata mingalaba
+ jesu ba (ciao + grazie), le uniche due parole che ricordo del birmano, mi
ha fatto un sorriso a trentadue denti più inchino.
Abbiamo razzolato in
giro ancora un po’, conversando anche con la venditrice d’aglio. Ne ha decine
di bottiglioni sotto spirito. Mi ha offerto un caccolo d’aglio, ma quando ho
dirottato il prezioso omaggio dicendo che a casa mia è proibito perché
antisociale, la vecchietta, da brava venditrice, mi ha detto che è dolce,
perché vi aggiunge zucchero di canna, dunque adeguato ai baci francesi. L’ho
creduta sulla parola.
Poi è cominciata la
rumba, ma con una cattiva sorpresa. Le tre Oba
Rapppers si sarebbero esibite a Sendai, qualche Giappone più a Nord,
anziché lì. Temo che siano diventate troppo VIP, per cui all’ultimo momento, a volantini
stampati e appesi, devono aver cambiato agenda in cambio di un assegno con gli
yen fitti. I ragazzi del workshop di fotografia, allora, sono andati a
festeggiare in un pub irlandese, e io sono stato raggiunto da alcuni amigos di
mezzo mondo (da allora in poi sembrava di essere a Giochi senza Frontiere,
mancava solo la profonda Milly Carlucci). Sul palco si è esibito di tutto: taiko e band di country giapponese (per un momento mi è sembrato di essere tornato
a Goiânia, in Brasile, a uno spettacolo di musicazza sertaneja), enka-(演歌)-rock-yakuzo per seri bevitori di
sakè e danze tradizionali delle isole Yaeyama (con magnifici cavallini di
legno).
Il mio occhio maturo,
però, si è particolarmente animato quando sono entrate in scena le fantastiche
quattro della danza del ventre. Non ricotta fresca, come avrebbe detto mio zio
Filippo, ma proprio per questo più saporita. I ventri avevano visto qualche
figlio e birra di troppo, e come tali sono i miei favoriti. Le pancine piallate
io le lascio volentieri ai culturisti busoni. Mi piace la mortadella che, by the way, fa rima con ascella. Ieri si
sono viste ascelle spettacolari, al mercato Sakaemachi. Qua e là, ad arricchire
l’Opera, tatuaggi, porporina brillante sui pancini, anelli da piedi. Tutti
gadget che danno un senso alla vita adulta terrena degli uomini
quarantasettenni, direi.
L’orgia è stata
conclusa, come sempre, dalla musica dello sanshin
(http://unitalianoaokinawa.blogspot.jp/2013/04/sanshin-okinawa-in-musica.html), eseguita da maestre dello
strumento. Il pueblo, irrorato da
fiumi di biru, ha ballato facendo
roteare i polsi fino a quasi slogarseli, come da tradizione a Okinawa. Qua e là
hanno impazzato alcolisti professionisti, alcuni dei quali innamorati di noi gaijin. Uno in particolare, una vera
piattola, mi si è attaccato a addosso e ci è mancato poco che mi sparasse un
pompino nel bagno del mercato, quando sono andato là a fare due gocce. Un altro
alcolista anonimo, con un ascella rompighiaccio, ha provato invano ad
agguantare tutte le oba-chan (signore
dai cinquanta in su) che gli passavano a tiro, durante i suoi giri di danza
ebbra. Tutte lo hanno scacciato malamente, pover’uomo.
A quel punto avevamo
messo su un gruppo davvero assortito di umanità randagia, fra cui una ciccia
mezza messicana e mezza americagna che quando rideva mi tagliava i timpani. Ho
incontrato un simpatico fotografo-regista svizzero-spagnolo, qui da dieci anni,
mica scemo.
Tutti assieme appassionatamente ci siamo trascinati alla splendida bettola Seikatsu no Gara (‘Percorso della Vita’, nome pregno di sentimenti tratto da una famosa poesia giapponese), per un ultimo giro di biru. Il locale è fantastico (e così la birraia). In bagno ci sono dinosauri di plastica e sui tavoli granchi finti di kriptonite. Io mi sono seduto al capo opposto del tavolo rispetto alla ciccia chicana. Il mio amico Osso Buco ha parlato dell’efficienza della burocrazia italiana e spagnola, il mio amico spagnolo José ha detto ¡coño!, il mio amico Steve ha raccontato della sua San Francisco, e il nuovo amico John (filippino-californiano) ha chiesto se qualcuno avesse una fidanza giapponese extra da prestargli.
A fine biru io e Satoka ci siamo trascinati sbronzi fuori dal mercato. Prima abbiamo buttato un occhio alle zampe delle zoccole attempate che lavorano lì fuori (Pink! Pink! Squittiva Satoka; qui ‘pink’, come la luce dei postriboli, è sinonimo di boom-boom). Poi fino a casa, ma non senza fare la spesa prima: abbiamo comprato tutto ciò che avevamo già in triplice copia e abbiamo dimenticato di comprare tutto ciò che avremmo dovuto comprare.
Tutti assieme appassionatamente ci siamo trascinati alla splendida bettola Seikatsu no Gara (‘Percorso della Vita’, nome pregno di sentimenti tratto da una famosa poesia giapponese), per un ultimo giro di biru. Il locale è fantastico (e così la birraia). In bagno ci sono dinosauri di plastica e sui tavoli granchi finti di kriptonite. Io mi sono seduto al capo opposto del tavolo rispetto alla ciccia chicana. Il mio amico Osso Buco ha parlato dell’efficienza della burocrazia italiana e spagnola, il mio amico spagnolo José ha detto ¡coño!, il mio amico Steve ha raccontato della sua San Francisco, e il nuovo amico John (filippino-californiano) ha chiesto se qualcuno avesse una fidanza giapponese extra da prestargli.
A fine biru io e Satoka ci siamo trascinati sbronzi fuori dal mercato. Prima abbiamo buttato un occhio alle zampe delle zoccole attempate che lavorano lì fuori (Pink! Pink! Squittiva Satoka; qui ‘pink’, come la luce dei postriboli, è sinonimo di boom-boom). Poi fino a casa, ma non senza fare la spesa prima: abbiamo comprato tutto ciò che avevamo già in triplice copia e abbiamo dimenticato di comprare tutto ciò che avremmo dovuto comprare.
Il prossimo mese ci
dovrebbe essere l’ultima festa del mercato per quest’anno, poi si riprenderà l’anno
prossimo con la buona stagione. Speriamo che le Oba Rappers non abbiano impegni precedentemente presi a Hollywood.