domenica 27 ottobre 2013

ASCELLE SPETTACOLARI, IERI SERA AL MERCATO SAKAEMACHI




Ieri sera, al fantastico mercato Sakaemachi, era programmato un concerto di Halloween delle tre Oba Rapppers Live Show (http://unitalianoaokinawa.blogspot.jp/2013/07/sakaemachi-iatae-matsuri-la-festa-e-qui.html). Halloween, soprattutto da quando qualcuno qui ha deciso di inculcarlo a forza nelle menti innocenti dei bimbi giapponesi, mi sta parecchio sull’organo riproduttivo, ma se interpretato dalle tre sciroccate vecchiette dev’essere una figata, mi sono detto. Per cui ho incontrato con largo anticipo i picciotti del mio workshop di fotografia, ai quali avevo promesso un breve tour extra al mercato per giocare ai Cartier-Bresson, e siamo andati al Sakaemachi.
  












Il posto, tra negozietti pulciosi, luci fioche assortite, gatti e scarafaggi randagi, modelle attempate e decorazioni matte è fantastico per sbizzarrirsi con la macchina fotografica. Nel nostro giro siamo pure riusciti a mettere naso e zoom dentro il negozio di una ex cantante che oggi vende abbigliamento coloratissimo. Ci avevo già provato a fare delle foto lì, ma Nilla Pizzi mi aveva detto (gentilmente) NO. Ieri NP deve aver messo in sua vece una serva, la quale ancor più gentilmente ci ha detto ‘OK, prego’. Dentro è un museo del pupazzo strakitsch, ho indugiato sui dettagli, tipo l’uso delle palline da tennis come feltrini per le gambe delle sedie.







Lì a fianco, poi, ieri ha riaperto il ristorante birmano Royal Myanmar Café. Il locale è una figatina di buon gusto, e ieri la riapertura è stata celebrata in pompa magna con un concerto di una cantante anglo-coreana. Il proprietario mi ha indicato un poster di Aung San Suu Kyi, e quando gli ho detto che mercoledì prossimo le daranno la cittadinanza onoraria e la laurea ad honorem in Sopravvivenza (a quelle teste di cazzo mafiose di generali che governano e spremono la Birmania) nella mia città, la mitica Bulàgna, mi ha fatto un gran sorriso. Ho chiesto se ci fossero birmani veri, lì dentro, e mi ha indicato i due cuochi (marito e moglie, suppongo). Come il primo mi ha allungato il biglietto da visita del locale e l’ho ringraziano con l’accoppiata mingalaba + jesu ba (ciao + grazie), le uniche due parole che ricordo del birmano, mi ha fatto un sorriso a trentadue denti più inchino.


Abbiamo razzolato in giro ancora un po’, conversando anche con la venditrice d’aglio. Ne ha decine di bottiglioni sotto spirito. Mi ha offerto un caccolo d’aglio, ma quando ho dirottato il prezioso omaggio dicendo che a casa mia è proibito perché antisociale, la vecchietta, da brava venditrice, mi ha detto che è dolce, perché vi aggiunge zucchero di canna, dunque adeguato ai baci francesi. L’ho creduta sulla parola.




Poi è cominciata la rumba, ma con una cattiva sorpresa. Le tre Oba Rapppers si sarebbero esibite a Sendai, qualche Giappone più a Nord, anziché lì. Temo che siano diventate troppo VIP, per cui all’ultimo momento, a volantini stampati e appesi, devono aver cambiato agenda in cambio di un assegno con gli yen fitti. I ragazzi del workshop di fotografia, allora, sono andati a festeggiare in un pub irlandese, e io sono stato raggiunto da alcuni amigos di mezzo mondo (da allora in poi sembrava di essere a Giochi senza Frontiere, mancava solo la profonda Milly Carlucci). Sul palco si è esibito di tutto: taiko e band di country giapponese (per un momento mi è sembrato di essere tornato a Goiânia, in Brasile, a uno spettacolo di musicazza sertaneja), enka-(演歌)-rock-yakuzo per seri bevitori di sakè e danze tradizionali delle isole Yaeyama (con magnifici cavallini di legno).









Il mio occhio maturo, però, si è particolarmente animato quando sono entrate in scena le fantastiche quattro della danza del ventre. Non ricotta fresca, come avrebbe detto mio zio Filippo, ma proprio per questo più saporita. I ventri avevano visto qualche figlio e birra di troppo, e come tali sono i miei favoriti. Le pancine piallate io le lascio volentieri ai culturisti busoni. Mi piace la mortadella che, by the way, fa rima con ascella. Ieri si sono viste ascelle spettacolari, al mercato Sakaemachi. Qua e là, ad arricchire l’Opera, tatuaggi, porporina brillante sui pancini, anelli da piedi. Tutti gadget che danno un senso alla vita adulta terrena degli uomini quarantasettenni, direi.







L’orgia è stata conclusa, come sempre, dalla musica dello sanshin (http://unitalianoaokinawa.blogspot.jp/2013/04/sanshin-okinawa-in-musica.html), eseguita da maestre dello strumento. Il pueblo, irrorato da fiumi di biru, ha ballato facendo roteare i polsi fino a quasi slogarseli, come da tradizione a Okinawa. Qua e là hanno impazzato alcolisti professionisti, alcuni dei quali innamorati di noi gaijin. Uno in particolare, una vera piattola, mi si è attaccato a addosso e ci è mancato poco che mi sparasse un pompino nel bagno del mercato, quando sono andato là a fare due gocce. Un altro alcolista anonimo, con un ascella rompighiaccio, ha provato invano ad agguantare tutte le oba-chan (signore dai cinquanta in su) che gli passavano a tiro, durante i suoi giri di danza ebbra. Tutte lo hanno scacciato malamente, pover’uomo.







A quel punto avevamo messo su un gruppo davvero assortito di umanità randagia, fra cui una ciccia mezza messicana e mezza americagna che quando rideva mi tagliava i timpani. Ho incontrato un simpatico fotografo-regista svizzero-spagnolo, qui da dieci anni, mica scemo. 




Tutti assieme appassionatamente ci siamo trascinati alla splendida bettola Seikatsu no Gara (‘Percorso della Vita’, nome pregno di sentimenti tratto da una famosa poesia giapponese), per un ultimo giro di biru. Il locale è fantastico (e così la birraia). In bagno ci sono dinosauri di plastica e sui tavoli granchi finti di kriptonite. Io mi sono seduto al capo opposto del tavolo rispetto alla ciccia chicana. Il mio amico Osso Buco ha parlato dell’efficienza della burocrazia italiana e spagnola, il mio amico spagnolo José ha detto ¡coño!, il mio amico Steve ha raccontato della sua San Francisco, e il nuovo amico John (filippino-californiano) ha chiesto se qualcuno avesse una fidanza giapponese extra da prestargli. 








A fine biru io e Satoka ci siamo trascinati sbronzi fuori dal mercato. Prima abbiamo buttato un occhio alle zampe delle zoccole attempate che lavorano lì fuori (Pink! Pink! Squittiva Satoka; qui ‘pink’, come la luce dei postriboli, è sinonimo di boom-boom). Poi fino a casa, ma non senza fare la spesa prima: abbiamo comprato tutto ciò che avevamo già in triplice copia e abbiamo dimenticato di comprare tutto ciò che avremmo dovuto comprare.
Il prossimo mese ci dovrebbe essere l’ultima festa del mercato per quest’anno, poi si riprenderà l’anno prossimo con la buona stagione. Speriamo che le Oba Rappers non abbiano impegni precedentemente presi a Hollywood.