“Dame!”
(‘Vade retro, Satana!’, più o meno – devo ancora imparare il giapponese),
questo il mio grido di autodifesa quando oggi, all’abbuffata italiana a casa
della mia amica Yoco Acaghi, una maestra di cucina nostrana nel cuore di Naha,
mi è stato chiesto se ci volesse l’aglio nel ragù. Qui in Giappone il dame di solito è accompagnato dalle
mani incrociate a perpendicolo contro il petto, come si fa contro i
vampiri. Ormai il grido è un refrain dei miei workshop di pappe (tutte le volte
devo spiegare che l’aglio per me è una piaga antisociale antibaci). Molti oooohhhh a seguire.
Il menù di oggi:
tagliatelle La Molisana al ragù
(chiedo infinitamente scusa, signori mucca e maiale), lasagne fatte come nonna
Giorgina e zia Sisa comandavano, zuppa di zucca e riso (fantastica, un vero
miracolo di Yoco), insalatona, patate al forno con pancetta e rosmarino e, last but not least, il più buon tiramisù
che io abbia mai mangiato (BRAVA Yocoooo!!!). Doppio caffè espresso per
chiudere in bellezza.
Tutte le partecipanti
(io unico gallo nell’arena) hanno gradito, tanto che si sono portate a casa una
doggy-bag: le lasagne ingerite dopo
una zuppa, un’insalata, le patate al forno e le tagliatelle non sono per tutti
gli stomaci (io a casa non ho portato nulla).
Ancora una volta
risate, quando alla domanda “Quanta ciccia hai messo nel ragù?” ho risposto con
un a lot, aggiungendo che non peso
mai gli ingredienti. Qui in Giappone fare piatti ‘a occhio’ è considerata
fantascienza folcloristica, e piace tanto. Altri momenti topici: il doppio
senso di ‘pancetta’; il racconto di quella volta in cui, giovane e da solo a
casa a Bologna, durante uno dei miei primi ragù lo lasciai sul fuoco ad
abbronzarsi e uscii dall’appartamento, dimenticandomi i lavori in corso (tornai
dopo cinque ore, con l’appartamento pieno di fumo; la pentola e la parte
inferiore del ragù, carbonizzate, finirono nelle immondizie, ma la parte
superiore, anche se un po’ affumicata, fu uno dei ragù più buoni che io abbia
mai mangiato).
Alla fine della
scofanata abbiamo deciso di rifarla, prima o poscia. Un GRAZIE di cuore a Yoco,
che mi ha permesso di ‘invadere’ il suo territorio (una cucina da
sogno) con questa prima collaborazione; a Satoko, Grande Aiutante (manager,
traduttrice, fotografa); alle nuove amiche Noriko e Ayako, autrici di parte di
queste foto e del prezioso filmato al link
Un grazie anche alle
partecipanti che hanno acquistato un po’ delle mie cartoline con i mici di
Okinawa, il cui ricavato andrà in beneficenza gattara.
MINNA-SAN,
ARIGATOU GOZAIMASU!
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