venerdì 19 giugno 2015

GOSSSH SAVE THE DUCK!


E, se possibile, se il prossimo anno sarò ancora da queste parti, mi faccia svegliare prima. Così da non arrivare all’Haarii di Itoman un minuto prima della fine dell’’afferra-il-papero-per-il-collo’. Noi italiani, con il palio azzoppa-cavalli, non siamo certo in una buona posizione per dire al resto del mondo che cosa fare dei propri animali non da presepio. Però, eccheccazzo, perché usare i paperi veri per ‘sti giochi? Non si possono usare quelli di plastica, tipo quelli che adoperavo da bimbo nella piscinetta dei Giardini Margherita a Bulàgna prima che il governo ladro tagliasse sulla bolletta dell’acqua e la prosciugasse?














  

Insomma, lo avete capito. Noi fotografi, o pseudo tali, non smettiamo mai di imparare. Il prossimo anno, inoltre, sempre se sarò ancora vivo e a rantolare a questa latitudine, muoverò pure il culetto per raggiungere – al momento giusto, non dopo – la parte della banchina del porto in corrispondenza del momento topico in cui i rematori fanno un giretto a 360° sotto l’acqua, poi a secchiate svuotano la canoa al volo e riprendono la gara.





Per il resto direi basta fioretti per l’anno prossimo. Per questo sono contento delle foto fatte e, ancora una volta, di essere sopravvissuto a (1) caldo zozzo (2) automobilisti poco rispettosi delle mie esigenze ciclistiche. Ah, dimenticavo. Se possibile, l’anno prossimo cercherò di ricordarmi di evitare di mettere una lattina di Coca-Cola aperta dentro la sacca con le macchine fotografiche, visto che purtroppo la Santa Nikon non ha ancora deciso di regalarmele.

Inoltre, se mi permettete di tornare sui miei passi, direi che il prossimo anno FORSE il mio nihongese sarà migliorato di un uno per mille, così FORSE potrò avventurarmi in qualche proto-dialogo con le gentili persone che mi offrono birre, vedendomi sudato come un gaijin in dirittura d’arrivo. In tale circostanza magari saprò trovare qualche scusa migliore del ‘adesso non posso, arigatou gozaimasu, devo lavorare’ per schivare l’offerta di alghe. Magari magari, se sarò diventato davvero bravo (più indigeno), riuscirò pure a mangiarle senza rimettere l’anima/paragonarle alle tagliatelle di nonna Giorgina.

 

Per concludere: in questa sede vorrei ringraziare i costruttori della palazzina che domina il porto di Itoman e i suoi gentili abitanti che oggi, vedendo un gaijino sudatissimo sul balcone all’ultimo piano, non hanno chiamato la pulizia e lo hanno lasciato fare il suo paparazzo dovere.









Today I went to Itoman to photograph the Haarii for the second time. Finally I could see the catch-the-duck and the turn-the canoe moments. Gosssh, I guess, made ducks to fly & float happily in this world, but in Itoman, in the name of Culture and Tradition (Spanish people have corrida, Italians palio, etc.) the poor ducks are toys. I don't want to know what happens to them after being caught. However, as usually I loved the situation. Laid back Itoman, in its easy-goingness, for me is supercool. I like its provincial fashion, his semplicity. A gentleman offered me biru and seaweeds, I declined saying that I was working (just an excuse to skip the seaweeds; but the biru, damn...). I was happy, near the end, to find a good position on the top of a condo to do some paparazzi job, protected from the crazy heat. I hope you can enjoy my photos.


The Italian team (maybe)

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