lunedì 17 marzo 2014

MEGLIO UN GIORNO DA CONTADINO ORGANICO CHE CENT’ANNI DA MONSANTO


Ieri sono stato, assieme a Satoka e all’insostituibile Tatsu-san (senza il suo furgoncino sarebbe stato impossibile), a raccogliere patate in un campo poco a sud di Itoman. Satoka ci va ogni fine settimana, perché il coltivatore produce verdure senza utilizzare alcun fertilizzante chimico né sementi assassine made in Monsanto. Lascia crescere le piante in maniera del tutto naturale, più o meno come capitava all’epoca di Adamo e di quella zoccola di Eva. Ieri, in più, la contadinata si è trasformata in una specie di evento bucolico. Oltre alle famiglie con un sacco di bambini è stato invitato il simpatico e corpulento chef delle trattoria Lamp di Naha. La conoscevo già perché tempo fa, girovagando dalle parti di Wakasa, avevo fotografato la sua insegna particolare (il ristorante era indicato come Torattoria, è noto che ai giapponesi due consonanti di seguito stanno antipatiche e ci devono per forza infilare una vocale in mezzo, Pietoro docet). Appena lo abbiamo conosciuto Satoka le ha raccontato il mio aneddoto (mia moglie è incapace di tapparsi la bocca, a volte), e lui si è fatto una gentile risata dicendo di aver cambiato l’insegna, dopo essersi accorto dell’errore.


















Grammatica a parte, il cuocone era stato invitato per fare un minestrone da caserma con le verdure raccolte in loco. Ha messo su una cucina da campo, con il fuoco protetto da un muretto di mattoni. Mi ha raccontato di essere stato in Italia per un mese e mezzo, e come gli ho detto che sono di Bologna ha esclamato ‘bollito misto!’. Mi ha chiesto che differenza c’è fra minestra e minestrone. Poi ha aggiunto che il suo piano originario era di stare a Bologna solo tre giorni, ma appena ha iniziato a infilare la forchetta qua e là ha deciso di rimanerci una settimana. Bisogna che uno di questi giorni passi a trovarlo.

 

All’evento ha partecipato anche una troupe televisiva, in effetti tutto ciò era molto carino e inusuale. Satoka di solito va da ‘sto contadino ogni sabato: sgobba raccogliendo le sue verdure, poi lui la paga con le medesime (il nostro frigo esplode di insalate e cipolle e carote e cavoli). Ieri tutti si sono messi allo sgobbo, ma essendo io ai primi giorni di libertà dopo cinque mesi di fatiche, e così Tatsu dopo un anno di fatiche, abbiamo lasciato raccogliere le patate al pueblo e ci siamo cucinati una cofana di penne al tonno nel furgoncino (Tatsu è attrezzatissimo per le attività da campeggio) + insalatona del contadino. Da un lato a quell’ora avevo già una fame da cinghiale incinto, dall’altra, se proprio devo essere onesto, non è che confidi troppo nelle doti culinarie degli chef giapponesi in territorio italiano.


Come altre volte, ho dovuto rivedere i miei preconcetti. Il minestrone era molto buono (io lo avrei fatto andare ancora un po’, ma per 500 yen in mezzo a un campo non si può mica volere la Luna, no?), anche perché cosparso di parmigiano. Ho bloccato la mano del cuoco prima che me lo avvelenasse di prezzemolo; chi fa cucina italiana fuori dall’Italia non ce la fa proprio a evitare di assassinare i piatti con quest’erbetta rompicazzi. Inoltre il piatto era accompagnato da un po’ di figatine. Piccole fave semicrude con patate e pesto. Una verdurina viola a stelle filanti non pessima. E, soprattutto, una miniporzione di cipolle ‘spalmabili’, quello che a Bologna è il santo friggione, anche se quello di ieri era senza pomodoro. Buonissimo.




A fine masticazione Tatsu è collassato per primo in un coma digestivo, poi io, poi Satoka. Abbiamo fatto a turno per un pisolino nel furgoncino, nonostante qualche mosca strappaminchia. Poi, a fine festa, sono andato a salutare e ringraziare. Una delle organizzatrici ha girato un filmetto non porno mentre stringevo la mano, salutavo e chiacchieravo con il cuoco e il suo assistente. Ero l’unico gaijin del mazzo, per di più itariano DOC, dunque l’animale esotico nel posto giusto al momento giusto. Alla prossima orgia vegetale lo rifaccio.



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