Passeggiando per le vie di Naha, una cosa balza subito agli occhi. Una specie di leone, simile a quelli che presidiano i templi cinesi, ti osserva dall’alto del muro che cinge l’edificio. Poi, se fai attenzione, ne scovi uno simile, a breve distanza. Come pappagallini in amore, gli Shisa - questo il nome dello strano animale, di pietra o di terracotta - sono sempre in coppia. Troppo facile tacciarli di cattivo gusto, ai limiti del kitsch. E, a guardarli bene, non ce n’è uno uguale all’altro. Intrigante indagare la loro storia. Secondo Wikipedia lo Shisa (Siisaa in lingua di Okinawa) è un elemento decorativo tradizionale Ryukyan - così è chiamata l’etnia originaria di Okinawa e delle altre isole tra Kyushu e Taiwan -, caratteristico della mitologia di Okinawa. La funzione della coppia di Shisa posti all’ingresso delle abitazioni, così come sui tetti, è quella di proteggere l’edificio dagli spiriti malvagi. Secondo la tradizione, lo Shisa a sinistra ha la bocca chiusa, mentre quello alla destra la tiene minacciosamente aperta. I denti affilati dovrebbero far scappare gli spiriti cattivi, mentre la bocca chiusa servirebbe a conservare al proprio interno quelli buoni. Un’altra scuola di pensiero vuole che lo Shisa maschio abbia la bocca chiusa per tenere il lontano il male da casa, mentre la femmina la terrebbe aperta per condividere il bene con il mondo esterno. Molte similitudini a questa tradizione possono essere ritrovate nei ‘cani guardiani’ di alcuni templi del resto del Giappone, così come nei leoni a guardia dei templi cinesi.
Secondo un’antica leggenda cinese, un emissario di ritorno da un viaggio, giunto al castello di Shuri - su un’altura a breve distanza dal centro di Naha -, avrebbe portato in dono al re una collana il cui pendente raffigurava uno Shisa. Il regalo piacque al sovrano, il quale da allora indossò la collana sotto gli abiti. In quel periodo il villaggio di Madanbashi, nei pressi del porto di Naha, viveva nel terrore a casa di un drago marino che divorava gli abitanti e distruggeva i loro averi. Un giorno il re visitò il villaggio, e proprio allora il drago attaccò l’abitato. La gente locale fuggì e si nascose. Il prete noro (sacerdote della religione Ryukyan) del villaggio mandò allora Chiga, un ragazzo, a dire al re che questi avrebbe dovuto fronteggiare il dragone ergendosi davanti a lui e tenendo la collana con lo Shisa diretta verso il mostro marino. Un boato mai udito prima sconquassò l’aria, tanto da spaventare lo stesso drago. Un masso gigantesco piombò dal paradiso, finendo sulla coda dell’animale, immobilizzandolo, fino a farlo morire. Sul suo cadavere e sulla roccia piovuta dal cielo, in seguito, crebbero alberi e piante, tanto da formare il bosco di Gana-mui, oggi nei pressi del ponte Naha Ohashi. Dopo l’accadimento gli abitanti del villaggio, sempre secondo la leggenda, costruirono un grande Shisa di pietra e lo posero a protezione della comunità.
Una leggenda simile è ambientata nel villaggio di Tomimori, nei pressi di Kochinda, nella parte meridionale di Okinawa. Il villaggio era ciclicamente devastato dagli incendi, così gli abitanti decisero di chiedere aiuto a Saiouzui, un maestro di Feng Shui, interpellandolo sul perché di tale fenomeno. La sua risposta fu che il fuoco era provocato dall’energia distruttrice del vicino monte Yaese, e suggerì agli abitanti di costruire una grande statua di pietra raffigurante uno Shisa e di porla alla base del monte. Così fecero, e da allora gli incendi sarebbero cessati.
Dalla leggenda alla commercializzazione, ovvio, il passo è stato breve. Oggi non solo lo Shisa è un elemento fondamentale di ogni casa di Okinawa degna di tale nome, ma è anche uno dei simboli più sfruttati dall’oggettistica per turisti. Magliette, statuette di tutte le dimensioni, pose, prezzi e colori sono vendute copiosamente dai molti di negozi di souvenir che affollano Kokusai-dori, la via-passerella del centro di Naha, quella più battuta dai turisti giapponesi e dai marines statunitensi in libera uscita. Molti ristoranti hanno adottato almeno uno Shisa dalle pose bizzarre – di solito con un bel piatto di Goya Chanpuru, il piatto tradizionale di Okinawa – all’entrata del locale, per richiamare i clienti.Lo Shisa ha ispirato anche un noto wrestler locale, la cui maschera è ispirata al leone-cane guardiano. Gli Shisa più belli, però, si trovano nel quieto quartiere di Tsuboya, a breve distanza da Kokusai-dori. Noto per i laboratori che lavorano la terracotta, Tsuboya è un elegante quartiere - di eleganza naturale, priva di ricchezza arrogante – dove numerosi artigiani producono eccellenti manufatti: piatti, bicchieri, vasi e molto altro, di ottimo gusto. A proteggere il loro lavoro, tutto attorno, un piccolo esercito di Shisa. A voi scovare il più bello…
per Shisa a 5*:
MITSUO
fra Starbucks e il centro di informazioni turistiche di Naha, Okiei-dori (Makishi)
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