Uno degli ingredienti più caratteristici della cucina di Okinawa, tanto
da esserne diventato uno dei simboli, è il Gōyā (ゴーヤー) o nigauri (苦瓜, in Giappone), ‘melone amaro’, ricco di vitamina C. Bitorzoluto,
amaro, dal sapore vagamente simile alla zucchina (una volta fritto), il suo
nome scientifico è Momordica charantia, angiosperma della famiglia delle
cucurbitacee.
Il nome Gōyā deriva dal linguaggio nativo di Okinawa, ma questo vegetale è diffuso nei
paesi tropicali di mezzo mondo, soprattutto in Asia, Africa (è un ingrediente
comune della cucina di Mauritius) e Caraibi, con nomi variabili da luogo a
luogo (per esempio Karavella in India – molto diffuso a Goa -, termine
derivato dallo sanscrito).
Al contrario della zucchina, molto più tenera, non è facile cuocerlo. A
volte, le mani inesperte che per la prima volta cercano di friggerlo come una
zucchina (per esempio: le mie) rischiano di consumare mezza bottiglia d’olio e
mezza giornata con risultati degni del bidone della spazzatura. Le mani
esperte, invece, sono capaci di cuocerlo al meglio, attenuandone il sapore
amaro, magari ricavandone ottimo tempura (天ぷら o 天麩羅).
A Okinawa uno dei piatti più tradizionali è il Gōyā chanpurū
(‘mescolone’, concetto quasi filosofico diffusissimo nell’arcipelago): shima-dofu (il particolare tofu 'duro' di Okinawa),
uovo, germogli di soia, carne o pesce, tutto fritto nel wok. Quasi sempre
accompagnato da pezzetti di carnazza Spam (un nome, un programma), prodotto inscatolato
americano, estremamente salutare (…), importato dai militari dopo la guerra e
che ha attecchito, ahimè, alla cucina locale.
Per saperne di più:
Nessun commento:
Posta un commento