A
Bologna tagliatelle al ragù, a Naha Okinawa soba (沖縄そば), nella lingua di Okinawa うちなーすば, Uchinaa Suba. Zuppa con noodle di grano (di diversi tipi, spessori, colorazioni, dal bianco al
giallognolo), carne di maiale, alghe konbu
(昆布), fettine di kamaboko
(蒲鉾, specie di mortadella di pesce; sì, carne e pesce nello stesso piatto, ahimè...), scaglie di katsuobushi (鰹節 o
かつおぶし, tonno bonito Katsuwonus pelamis,
fermentato, essiccato e affumicato) ed erba cipollina. Noodle
vagamente simili agli udon, in una
zuppa vagamente simile a quella del ramen.
Ogni isola dell’arcipelago, o quasi, sembra avere la propria soba, con noodle diversi. Più arrotondati nelle isole Yaeyama (http://unitalianoaokinawa.blogspot.it/2013/02/yaeyama-le-isole-ai-confini-del-mondo.html), più appiattiti nel resto dell’arcipelago,
a volte con una forma molto simile alle nostre tagliatelle. La carne di solito è
costituita da fettine di pancia di maiale bollite (san-mai niku, 三枚肉), oppure di sōki (ソーキ, costolette di maiale
senza osso). A guarnire il tutto, a volte, qualche scaglia di beni shoga (zenzero sott’aceto). Gli
amanti dei sapori forti vi aggiungono un po’ di kōrēgūsu (高麗胡椒, コーレーグース, ‘pepe coreano’), peperoncini piccanti
conservati nell’awamori.
Variazioni
della soba ‘classica’ sono la Sōki soba (ソーキそば), con un’aggiunta extra di costolette, e la Tebichi soba (てびちそば), con zamponi di maiale cotti a vapore, uno degli
ingredienti più amati nella cucina di Okinawa. Come molte altre cose nell’arcipelago,
la soba è giunta dalla Cina, circa
mezzo millennio fa. E così il maiale, animale principe sulle tavole di Okinawa.
All’epoca del regno di Ryūkyū la soba era
considerato un piatto specialissimo, riservato solo alla casa reale. Quando l’arcipelago
fu annesso al Giappone la proibizione di mangiarlo da parte dei comuni
cittadini decadde. Mangiare soba a
Okinawa, così come altro tipo di noodle
in Giappone, è un’operazione non per orecchie delicate. I Giapponesi, che siano
rudi membri della Yakuza o delicate signorine appena uscite dal parrucchiere.
amano emettere sonori risucchi nell’atto di ingerire la soba. Tanto più è alto il volume del risucchio, tanto più si vuole
comunicare che il cibo è gradito. I visitatori occidentali al primo Giappone,
di solito, escono traumatizzati (nei valori, nell’educazione, a volte nell’udito)
da un ristorantino di soba. Poi, con
il tempo, ci si abitua (io, dopo un anno di Giappone, non ce l’ho ancora fatta,
parlo per sentito dire).
Polemiche linguistiche e infinite sfumature anche
in cucina, nel sempre sorprendente Giappone. Nonostante il termine soba significhi ‘grano saraceno’, la soba di Okinawa è fatta di solo e
semplice grano. Negli anni Settanta, quando l’associazione di produttori di soba del Giappone regolarizzò la giungla
di nomi che contraddistinguevano gli infiniti tipi di noodle nipponici (secondo la legge un noodle deve contenere almeno il 30% di grano saraceno per essere
chiamato soba), Okinawa vinse il
diritto di mantenere il marchio ‘Okinawa
soba’ perché simbolo dell’arcipelago e della cultura locale, anche se di
saraceno non aveva alcunché. Di conseguenza, se siete a Okinawa e siete confusi
su questa materia (impossibile non esserlo), e volete mangiare noodle di grano saraceno, sul menù
dovrete cercare la ‘Japanese soba’ (日本そば, nihon soba). Chiaro, eh?
(GRAZIE, Wikipedia. Se
non ci fossi tu…).
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