Oggi a Koza, nella
galleria commerciale che si snoda al centro della città, si è tenuta una
piccola ma calorosa festa per celebrare l’Indipendenza del Messico (16
settembre). Per l’occasione, oltre a farmi la doccia, ho indossato la mia
camicia guayabera azzurra - le
colleziono, ne ho una di OGNI colore -, che ha fatto il suo bel figurone
(nessuno è stato a sindacare sul fatto che venisse dal Belize e non da Merida).
L’evento è stato organizzato dalla Koza International Plaza, un’associazione che
offre assistenza ai residenti stranieri di Okinawa City. La festicciola ha
visto la partecipazione di gente di mezzo mondo – una base militare americana è
a due passi -, io ero l’unico italiano. I bambini si sono divertiti moltissimo
a provare a spaccare la tradizionale piñata
ripiena di caramelle e di altri dolciumi, ma per farla a pezzi è dovuto
intervenire un adolescente che ci sapeva fare con la mazza da baseball. Come è
esplosa la cascata di zuccheri i bimbi hanno perso ogni controllo. È seguito
uno spettacolo di danze, aperte da un flamenco poco messicano ma ricco di
perché. Poi i classici balli tutti svolazzi di gonne, un ammaliante pezzo forte
di ogni fiesta messicana che si
rispetti. Speravo di abbuffarmi di mole
de frijoles e di bife a la ranchera,
ma purtroppo la municipalità locale è ricca di regole, tra cui quella contro il
cibo randagio. Per cui, a fine musica, salutati tutti, sono corso insieme ad
amici al ristorante peruviano Titicaca, a due passi, dove ho ripreso i sensi
(erano ormai le tre e mezza del pomeriggio e avevo una fame allucinante) a suon
di piatti seri innaffiati da una chicha
a cinque stelle.
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